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Il grido del nibbio

Creato il 29 luglio 2014 da Cultura Salentina

Il grido del nibbio

29 luglio 2014 di Redazione

di Ottorino Capocelli

Salvatore TomaSalvatore Toma (Maglie, 1951-1987)

 

Il 17 marzo di 27 anni fa moriva Salvatore Toma  (Maglie, 11 maggio 1951 – 17 marzo 1987). Era nato in una famiglia di fiorai ed è stato un poeta italiano, tra i maggiori lirici salentini e pugliesi. Ha fatto parte dei cosiddetti “poeti maledetti salentini“, quali Antonio Verri e Claudia Ruggeri. In vita pubblicò sei raccolte di poesie, dal 1970 al 1983: PoesieAd esempio una vacanzaPoesie scelteUn anno in sospesoAncora un anno e Forse ci siamo, ma i libri delle sue poesie sono ormai introvabili.

La corrente letteraria dei poeti maledetti fu definita tale da Paul Verlaine, morto a Parigi nel lontano 1883, ma il leader spirituale generalmente riconosciuto da tale movimento decadentista fu certamente Charles Baudelaire (1821-1867), autore di Les Fleurs du mal, geniale intellettuale francese che frequentò ed influenzò personaggi del calibro di Nietzsche, Wagner, Rimbaud, E.A. Poe.

Il giovane Salvatore Toma (il mio amico Totò) era rimasto colpito anche lui (pur a distanza di oltre un secolo) dalla poesia geniale e intuitiva di Baudelaire, restandone fortemente influenzato. Io che con lui ci vedevamo tutte le sere o quasi, parlando di amore, di Dio, della Natura, dell’essere o non essere, di grandi filosofi e poeti e dei loro seguaci, dei fatti quotidiani nel mondo e nella nostra piccola Maglie, mi sono spesso chiesto se genio e sregolatezza, per quanto doti non comuni, non fosse giusto omaggiarle con opera di sistematica promozione culturale del nostro territorio salentino. E non mi riferisco solo a Toma, beninteso, ma anche a Nicola De Donno, ad Oreste Macrì, a Maria Corti, a Decio e Claudia De Lorentiis: stiamo parlando di beni culturali di immenso valore, patrimonio intellettuale e letterario salentino che rischiano seriamente di passare di mano e con la città natale stante a guardare. È un massacro inaccettabile.

Parla di Toma un raffinato intellettuale leccese Lino De Matteis, autore del volume Cosimo Abate: un socialista del Sud (Lecce, 2007):

Tra i suoi alunni c’era anche chi le poesie le scriveva davvero, come lo scomparso poeta Salvatore Toma. Ma di questa sua risorsa allora nessuno si accorse. Toma ha avuto, poi, postume, tante testimonianze critiche significative da parte di illustri letterati e ha meritato addirittura la fama nazionale dopo la pubblicazione da parte di Einaudi del “Canzoniere della morte”, curato da Maria Corti.

E che dire di tutte le altre centinaia di testimonianze, riconoscimenti, apprezzamenti, recensioni ecc. ricevute da Toma sia da vivo che da morto da illustri intellettuali salentini e non? Penso semplicemente che per le migliaia di visitatori della nostra città bisognerebbe predisporre una carta d’identità aggiornata della nostra Maglie: non solo la città di Aldo Moro, dello stupendo centro storico e del Museo civico, ma anche la città di Salvatore Toma, di Nicola De Donno, di Oreste Macrì, di Maria Corti, della famiglia De Lorentiis ed anche “la città del ricamo”, del jazz e di don Pino Palanga il prete buono che ha sacrificato la vita al servizio dei profughi albanesi.

Occorre programmare un’operazione culturale di spessore, perché nelle scuole magliesi “in primis” si studino la vita e le opere di questi giganti della cultura salentina, al fine di consentire alle future generazioni virtude e conoscenza.

Mi scriveva Toma il 25 novembre del 1971:

 

Caro Ottorino,

se non ti ho risposto alla tua penultima è perché, come forse non sai, l’ambiente scolastico si è, come temevo, imposto al mio desiderio di muovermi e di volere liberamente, come qualcosa che pur aborrendo non posso più rifiutare come una volta. Spero di poter trovare presto un modo per sopportarlo, visto che è un ultimo anno. Le vie sono due: o chiudermi in me stesso e rifiutando il mio volere a un dovere che non concepisco più come norma educativa o fare il cretino come il bambino e ridere con tutti di tutto e questa sarebbe la via migliore, appunto perché non potrò mai seguirla. Infatti, se ci pensi, il bello è sempre dove lo riconosci ma non lo puoi raggiungere o sai di poterlo toccare a condizione che tu accetti, nonché di essere ridicolo, di non essere più te. Di conseguenza non lo puoi doppiamente o, se lo puoi, il gusto è perso, visto che dovresti accettare di non essere più quel che sei e quel che finora hai lottato per essere. Rinunciare per vivere e vivere per credere…che devi rinunciare. Lo dici anche tu. (…..omissis…..). Ti abbraccio. Totò.

Io vorrei ricordarlo e farlo presente oggi con una breve ma significativa poesia che mi è sempre molto piaciuta:

 

“Uno la pensa in un modo

uno in un altro”

spiegò così

che il mondo è rotondo

e va irrimediabilmente a rotoli.


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